
Un disegno di legge dedicato al diritto di difesa
Nell’attesa che il decreto sicurezza arrivi in Senato, con i colleghi di Forza Italia abbiamo da tempo iniziato a lavorare sul tema. Tra gli atti presentati da inizio legislatura, infatti, c’è anche un disegno di legge (ddl) dedicato al diritto di difesa, è il ddl numero 563. Perché è giusto che ci sia più sicurezza per tutti e che la difesa non solo sia legittima, ma sia un diritto. Il testo che ho sottoscritto ha come primo firmatario Maurizio Gasparri e si compone di due articoli. Il primo è volto a modificare l’articolo 52 del codice penale in materia di difesa legittima, sostituendola con il diritto di difesa. Il secondo introduce l’articolo 5-bis al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 in materia di spese di giustizia e prevede che tutte le spese di giustizia e gli oneri connessi al procedimento penale nei riguardi di chi ha esercitato il diritto di difesa siano a carico dello Stato.
Obiettivi e ragioni del disegno di legge
L’obiettivo del disegno di legge è di modificare in profondità l’impianto normativo attuale e, prima ancora, le premesse culturali e sistematiche sul quale esso poggia.
Oggi, infatti, l’istituto della legittima difesa risente fortemente dell’impronta autoritaria e idealista che caratterizza, almeno sul tema, il codice, pensato nel 1930. Nella logica del legislatore del 1930, lo Stato, in virtù del monopolio sull’uso della forza, poteva vietare al cittadino qualunque forma di autotutela, configurando come reato l’esercizio nelle sue diverse manifestazioni; solo in casi eccezionali, ne tollerava un esercizio contenuto, confinato tra i canoni angusti, e incerti, dell’attualità del pericolo, dell’ingiustizia dell’offesa e della proporzione della reazione. Per queste ragioni, oggi, solo quando il rispetto di tali canoni è accertato, l’azione compiuta da chi si difende perde la sua (altrimenti inevitabile) antigiuridicità.
Questa impostazione, però, non è compatibile con uno Stato liberale, quale è, o dovrebbe essere, il nostro. Nella prospettiva liberale, lo Stato nasce nel momento in cui i cittadini accettano di limitare la propria libertà in cambio della tutela dei propri diritti inalienabili (la vita la libertà, la proprietà). Questa devoluzione, tuttavia, non è incondizionata e irreversibile, e non può essere intesa come una cambiale in bianco: quando lo Stato è inadempiente rispetto agli obblighi assunti, il cittadino vede riespandersi le proprie prerogative e riacquista il diritto di autotutelare la propria sfera personale, nella misura a ciò necessaria.
Dalla legittima difesa al diritto di difesa, l’intervento sull’articolo 52 del codice penale
A partire da queste premesse, l’articolo 1 del disegno di legge 563 interviene sull’articolo 52 del codice penale, sancendo il passaggio dal riconoscimento della legittima difesa come causa di giustificazione che esclude la pena pur in presenza di un fatto di reato, che, in teoria, sarebbe punibile, all’espressa garanzia del diritto di difesa. Viene conservato un «recinto essenziale» all’esercizio dell’autotutela, al fine di evitare quelle che da più parti sono state additate come derive da Far West, vale a dire: 1) il requisito dell’attualità del pericolo; 2) il requisito della non manifesta sproporzione fra offesa e reazione.
Rispetto al testo vigente e all’interpretazione giurisprudenziale, viene profondamente rimeditato il requisito della proporzione fra offesa e reazione, il quale si rimodula in senso favorevole all’aggredito e si circoscrive quanto all’ambito di applicazione. Sotto questo profilo, occorre distinguere due piani. In via generale, infatti, la difesa è legittima purché non si dimostri che la reazione è stata manifestamente sproporzionata rispetto all’offesa: l’aggredito potrà essere punito solo nei casi di conclamata esorbitanza dai limiti ragionevoli dell’autotutela. La vittima, infatti, data la situazione in cui viene a trovarsi, non ha una bilancia per potere giudicare razionalmente quale sia la reazione «proporzionata al millesimo» all’offesa ricevuta, e dunque la difesa potrà ritenersi eccessiva solo in caso di esorbitanza manifesta.
Ancor più profondo è l’intervento per quanto riguarda l’aspetto dell’esercizio del diritto di difesa nel domicilio e nei luoghi assimilati: in questa caso, innegabilmente il più delicato, il limite della proporzione viene eliminato completamente e viene introdotta la presunzione di esercizio del diritto di difesa. È di immediata evidenza, peraltro, come da tale modifica deriverà un fortissimo calo di iscrizioni nel registro degli indagati, poiché potrà verificarsi rapidamente la sussistenza del diritto di difesa.
La modifica proposta è densa di conseguenze. Anzitutto, possiede una sicura pregnanza dal punto di vista della prospettiva culturale, fortemente liberale e assai innovativa rispetto alle altre proposte attualmente in auge nel dibattito politico: tutte quante, infatti, nonostante le diverse declinazioni, non si emancipano da una prospettiva paternalistica. In secondo luogo, è fortemente rivoluzionaria nell’impianto, specialmente sul versante della difesa nel domicilio e nei luoghi assimilati. Per questa fattispecie sensibile, si è partiti dalla premessa che si tratta dell’esercizio di un diritto e se ne sono sviluppate tutte le conseguenze: la sussistenza del diritto di difesa esclude in radice la configurabilità del fatto come reato e viene posto in capo all’accusa l’onere di provare l’assenza delle condizioni per il suo esercizio.
Di assoluta rilevanza, infine, per l’esercizio della legittima difesa nel domicilio e nei luoghi assimilati, è l’esclusione della punibilità dell’eccesso di difesa a titolo colposo. La modifica è molto incisiva: sul versante del giudizio di disvalore, si circoscrive la riprovazione dell’ordinamento alle sole violazioni dolose dei limiti del diritto di difesa; sul versante probatorio, si eliminano tutte le difficoltà di dimostrare le infinite sfumature della colpa in capo ad un soggetto, l’aggredito, il quale versa in una situazione obiettivamente eccezionale.
L’obbligo per lo Stato di accollarsi le spese di giustizia
Per quanto riguarda l’articolo 2 del ddl, esso prevede a beneficio dell’indagato o dell’imputato che tutte le spese di giustizia e gli oneri comunque connessi al procedimento penale (dunque con riferimento sia alla fase delle indagini sia a quella del giudizio) in cui viene riconosciuto l’esercizio del diritto di difesa sono a carico dello Stato. La norma, in coerenza con il passaggio dalla legittima difesa come causa di esclusione dell’antigiuridicità alla difesa come diritto soggettivo vero e proprio, è volta a tenere indenne da ogni spesa il soggetto, indagato o imputato, al quale venga riconosciuto, all’esito del procedimento, il legittimo esercizio del diritto di difesa. Questo per l’elementare ragione che non possono porsi a carico di chi ha esercitato un suo diritto gli oneri derivanti da una contestazione della pubblica accusa che si riveli destituita di fondamento. Il criterio in parola, peraltro, non è altro che un’applicazione della regola della soccombenza, già applicata nel processo civile e amministrativo.
L’iter in Senato
Il disegno di legge è stato presentato il 3 luglio 2018 e annunciato in aula nella seduta n. 18 del 4 luglio 2018. Nella seduta n. 22 del 17 luglio 2018, è stato assegnato in sede redigente alla 2ª Commissione permanente (Giustizia) e per pareri alle commissioni 1ª (Affari costituzionali), 5ª (Bilancio), 10ª (Industria).
In Commissione Giustizia, il disegno di legge è stato posto all’ordine del giorno per la prima volta il 31 luglio 2018 e in quell’occasione si è deciso di avviare un ciclo di audizioni.
Nella seduta dell’8 agosto, l’Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi della Commissione Giustizia, ha avviato le audizioni informali ascoltando i rappresentanti dell’Unione Nazionale Vittime Italiane (2), dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime e dell’Associazione “Nessuno tocchi Abele”.
Il ciclo di audizioni informali è proseguito nella seduta dell’Ufficio di Presidenza dell’11 settembre 2018 con la partecipazione di rappresentanti di Confcommercio, Federpreziosi, FAIB (Federazione Autonoma Italiani Benzinai), FIGSC-Confcommercio (Federazione Italiana Gestori Impianti Stradali Carburanti), FEGICA-CISL (Federazione Italiana Gestori Carburanti E Affini), Federfarma (Federazioni Farmacisti) (2), FIT (Federazione Italiana Tabaccai), Unione Nazionale Camere Penali, AIGA (Associazione Italiana Giovani Avvocati), CNF (Consiglio Nazionale Forense), OCF (Organismo Congressuale Forense).
Il 18 settembre, l’Ufficio di Presidenza della Commissione Giustizia ha dato seguito alla discussione e alle audizioni sul tema. In particolare è stato audito Ignazio Messina, promotore del disegno di legge d’iniziativa popolare n. 5, dell’associazione nazionale magistrati e di rappresentanti della magistratura (qui il testo dell’intervento).
Le audizioni condotte dall’Ufficio di Presidenza sono proseguite mercoledì 19 settembre con gli interventi di alcuni professori universitari. Tra i documenti acquisiti dalla Commissione vi sono quelli dei professori Insolera, ordinario di diritto penale all’Università di Bologna, e Palazzo (allegato), già ordinario di diritto penale nell’Università degli Studi di Firenze.
Martedì 25 settembre le audizioni in Commissione Giustizia sul provvedimento hanno visto il coinvolgimento di altri soggetti; tra i documenti depositati, quello del dottor Londolfi.
Nella seduta del 26 settembre la Commissione giustizia ha stabilito, ai sensi del comma 3, art. 36 del Regolamento del Senato, il passaggio dell’esame dei ddl n. 5 e connessi dalla sede redigente a quella referente ed è stato conferito mandato al relatore a redigere un testo unificato.
Il 3 ottobre, la Commissione Giustizia ha adottato il testo unificato e fissato il termine per la presentazione degli emendamenti alle 9,30 di mercoledì 10 ottobre.
L’illustrazione degli emendamenti avviata nella seduta del 10 ottobre è proseguita nella seduta della Commissione Giustizia del 16 ottobre, nella stessa data la 1° Commissione permanente – Affari Costituzionali ha espresso parere non ostativo sul testo unificato e sugli emendamenti.
Il 18 ottobre la 5° Commissione permanente – Bilancio ha espresso parere sul testo e sugli emendamenti e ha in particolare formulato una condizione sulla copertura dell’articolo 8 del testo unificato. A seguito dell’espressione del parere non ostativo condizionato espresso dalla 5° Commissione, nella seduta del 18 ottobre della Commissione Giustizia, il Presidente della Commissione ha presentato un emendamento, l’8.100, che ha recepito le condizioni poste dalla 5° Commissione permanente. Nella stessa seduta si è proceduto all’esame e al voto degli emendamenti. La Commissione ha, infine, conferito al Presidente relatore il mandato a riferire favorevolmente in Assemblea sul provvedimento con le modifiche apportate nel corso dell’esame in Commissione e a chiedere l’autorizzazione a svolgere la relazione oralmente nonché ad apportare le modifiche di coordinamento che si rendessero necessarie. Alcuni senatori hanno preannunciano la presentazione per l’Aula di una relazione di minoranza.
Il provvedimento è stato posto all’ordine del giorno dell’Assemblea per la seduta di martedì 23 ottobre.
Con 195 voti favorevoli, 52 contrari e un’astensione, l’assemblea di Palazzo Madama ha approvato il testo unificato mercoledì 24 ottobre. Il testo passa adesso all’esame della Camera dei deputati.
Con l’evolversi dell’iter seguiranno aggiornamenti.